Archivio Vittorio Mascherini
una vita attraverso due guerre mondiali e la resistenza
L’AZIONE PER LA CONQUISTA DI GORIZIA
1° Agosto - 10 Settembre 1916
Il riposo che doveva essere di dieci giorni non ebbe la durata che di cinque poiché il 31 Luglio alle ore 21 dovemmo incamminarci ancora per Q.85. C’era nell’aria puzzo di polvere si parlava di una grande azione per la conquista di Gorizia.
Giunti al trincerone Barreca, seconda linea, questo trincerone era un’opera tutta in cemento armato, interrata, che sbarrava dalla pianura l’accesso verso Monfalcone. Questa posizione era presidiata dalla Cavalleria appiedata e ivi dovemmo sostare varie ore prima di recarci in prima linea.
Circa le ore 24 riprendemmo il cammino e in circa mezz’ora eravamo già a destinazione e fu effettuato il cambio con l’altro Battaglione che era posto di rincalzo lungo la ferrovia, la cui scarpata era un’ottima trincea ed era munita di buoni e ampi ricoveri.
Ogni Compagnia riprese le vecchie posizioni, posizioni che ci fecero tornare alla memoria i combattimenti ivi sostenuti, i cari compagni morti o feriti e un interrogativo ci veniva : Ritorneremo ancora a Monfalcone ? Ma tali pensieri avevano la durata di un attimo, specie per noi interventisti, non era logico recriminare, dovevamo combattere anche a giungere all’olocausto della nostra vita per il raggiungimento dei nostri ideali. Con questa fede affrontammo tutti i pericoli ed orgogliosi di affrontare i più rischiosi e perciò più consoni al nostro spirito. L’alba ci trovò già nuovamente schierati di fronte alla prima linea nemica.
Verso l’imbrunire del giorno 3 i Comandanti delle Compagnie in prima linea tennero a rapporto gli Ufficiali di queste, spiegando l’azione che doveva avere inizio domani 4 Agosto. Dopo tante azioni frontali ( tecnica Cadorna ), cominciava un’azione manovrata, questa manovra che doveva condurre alla conquista di Gorizia, quasi senza colpo ferire, sarà sanguinosa per il nostro settore.
Il Capitano Sala, Comandante la mia Compagnia, la 9a a noi Sottotenenti, Ali, Montilli,( Albanese, di cui dovrò parlare più oltre) Ceccarelli, ed io compreso, che avevo il Comando di due Plotoni, essendo il più anziano e perché, alla Compagnia mancava un Ufficiale, ci illustrò l’azione la quale consisteva in una azione dimostrativa in forze per richiamare sul nostro settore, (che dalla Rocca di Monfalcone al mare, aveva una estensione in linea d’aria di circa un chilometro); la maggior parte delle unità nemiche che guarnivano il fronte di Gorizia.
In modo, che lo scopo del nostro Comando Supremo era quello di far credere al Comando avversario che il nostro intendimento era quello di marciare a valle e lungo il mare per la conquista di Duino e logicamente della caduta della munitissima posizione dell’Ermada, per aprirci la strada per marciare verso Trieste. Se effettivamente l’azione fosse stata condotta con maggiori riserve e con maggiori mezzi, riuscita l’azione nel nostro settore, dalla parte di Gorizia le nostre unità avrebbero potuto marciare comodamente verso Lubiana ed oltre perché avrebbero trovato la strada assai libera.
Eccomi alla cruenta azione. Tornato ai miei Plotoni iniziai la propaganda dell’azione di cui saremmo stati protagonisti, insistendo che tutti i nostri sforzi miravano ad aprirci un varco per giungere a Trieste. In nome della nostra cara città, meta agognata da tutti gli Italiani, specie da noi Combattenti, elettrizzò l’animo dei soldati il cui miraggio era uno solo : Essere i primi a giungere alla città dei mille Martiri. Con questo spirito di abnegazione ebbero inizio i combattimenti.
Nella notte del 3- 4 Agosto cominciò un fuoco infernale delle grosse artiglierie per battere le retrovie nemiche e le postazioni in caverna poste sull’Ermada. Il nemico rispondeva con poco accanimento, ma nelle prime ore del giorno 4 il fuoco nemico cominciò a farsi più intenso.
Nella nottata era giunto in linea un Battaglione del 23° Fanteria, questo Reggimento veniva dall’Albania, dal comportamento sia, degli Ufficiali che dei soldati, si comprendeva benissimo il loro disorientamento. Non erano abituati ai micidiali combattimenti del nostro fronte.
Pensare che questo Battaglione, con gli altri scaglionati lungo la linea, dovevano essere le truppe destinate per la prima ondata d’assalto !?!?
Alle ore 10 le nostre artiglierie iniziarono l’allungamento del tiro oltre la prima linea nemica. Quell’ora era stabilita per lo scatto della nostra linea di trincea per prendere di sorpresa il nemico rifugiatosi nei ricoveri. Le compagnie del 23° Fanteria non iniziarono alcun movimento e
mentre dalle linee nemiche, ormai non più sotto il tiro delle nostre artiglierie, iniziavano sporadici colpi di mitragliatrici, il mio Capitano, Sala, mi gridò : “Mascherini, come mai non escono quelli del 23° ?”
“Non vedo nessuno”, gli risposi
“ Occorre uscire, scovali !”
” Esco io”- gli dissi - “ poi faremo i conti.”
Bastò il mio gesto di essere il primo a “ saltare i sacchetti a terra “, che i miei soldati mi seguirono compatti, e non solo loro, vicino a me, mentre arrivavo ai reticolati nemici un soldato del genio, portava un lunghissimo tubo di gelatina e mi disse : Tenente aspetti, il varco l’apro io per Trieste.
( Forse il varco per Trieste questo umile soldato del genio l’aveva aperto, ma come lottare con i grandi Generali, che non si trovano presenti al momento di sfruttare le situazioni favorevoli? O non le vogliono sfruttare? In un minuto il tubo di gelatina esplose. I reticolati furono sconvolti, una mitragliatrice nemica saltò in aria.
In testa ai miei soldatini, baionetta in canna, travolgemmo i pochi Austriaci che cercavano di fare resistenza. Giù nel camminamento nemico fummo fermati da raffiche di mitra che venivano da un ricovero blindato. Ebbi subito la presenza di spirito, l’iniziativa, come volete chiamarla, di inviare sopra quel ricovero due miei soldati con l’ordine di gettare bombe a mano all’entrata di quello.
Fu sufficiente una prima scarica che cominciarono ad uscire fuori i nostri nemici gridando :
”Camerada, Camerada.”
Una trentina di questi, incolonnati li inviai al Comando del mio Battaglione.
Nel ricovero austriaco trovammo armi e materiale e, sentendo venire dei fievoli gemiti, mi recai dalla parte ove essi venivano. Era un giovane sottotenente nemico, giovane come me, una scheggia delle bombe a mano l’aveva colpito al petto.
Avevo una fialetta di tintura di iodio, la spaccai, gliene versai nei contorni della ferita e lo feci trasportare al Comando di Battaglione, ove però arrivò cadavere.
Ecco la guerra ! O a me, o a te !
Anch’egli aveva una mamma, una fidanzata, anch’egli combatteva per la sua Patria, come noi combattevamo per la Nostra, e forse morì nella visione che un nemico voleva salvarlo, mentre loro per i nostri feriti, c’era la mazza ferrata.
(nella foto i prigioneri austriaci)
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