Archivio Vittorio Mascherini
una vita attraverso due guerre mondiali e la resistenza
La Guerra Partigiana a San Gervasio
di Vittorio Mascherini
I Partigiani di San Gervasio
furon i primi a gettare il dardo.
Il 9 Settembre di buon mattino
un colonnello non codardo,
raccolse un buon bottino.
Al pastificio Innocenti
una guardia v’era con du’ Sergenti,
del nuovo giogo non contenti
e tutti di fuggir eran impazienti.
“ Via I Partigiani da S. Gervasio
furon, via, munizioni, bombe e mitra
portate tutto a casa mia.”
Il Colonnello disse,
ignaro della spia.
Nello stabile di dodici inquilini
portaron tutto i baldi soldatini.
Strilli, grida e lacrime
di quelle ignare anime
conscie di catastrofe immane
che troncar dovea tante anime.
Da Isolina, il prezioso bottino
un luogo sicur fu dato
perché ad alcun recasse danno.
Tornato a Firenze con consigli,
le care armi il Colonnello
consegnò a’ Partigiani più fidi
e alla Popolazione fece appello.
Di civil abiti provvisti,
di denaro, e cibi abbondanti
i soldatini partirono cantanti,
con baldo passo furon visti.
Uniti a’ Partigiani esultanti
per vera Vittoria Patria anelanti.
Gervasio, Campo di Marte e Pino
de’ quartier il più infido,
era del nemic gran nido.
Egli sorveglia con occhio fino.
Giovani, vecchi accorreano
dal Colonnello per dar mano,
con novello spirito arcano,
perché nemico nefando
cacciar fosse dal suol amato.
Un forte gruppo fu formato
e al nemic fastidio ha dato.
Non seconda fu nostra donna
a rendersi preziosa con la gonna.
Staffette giovani e vecchie,
ogni dove avean orecchie.
Dell’uomo questo prezioso ausio
si sempre il più gran fido.
Si nascodea in ogni infido nido
col soave, dolce sorriso,
e care notizie legasasi al dito.
Con la Rossa Croce al braccio
pe’ colpiti v’era fraterno abbraccio.
Col car di fieno falciato;
quant’armi ha occultato ?
Quanti fogli nel pan ha calcato ?
Quanto triste pianto ha asciugato ?
Tale eroismo al nemic fu fatale
perché a Vittor mise l’ale !
Ventitre Settembre giorno triste.
Da partigian, ansiosi furon viste,
truppe tedesche con baionette irte
la casa del Colonnel circondare
e suo quartier devastare.
Nessun inquilin potea uscire
alcun parola ad altri potea dire.
Isolina, intrepida consorte
che del marito
dividea la sorte,
era del quinto figlio
in stato avanzato
e il nemico accolse
con quattro figli al lato.
Dell’assente marito
stava in pena
ma per tre ore
non perse lena.
Gli sgherri ad ogni costo
volean l’Uffiziale
e lei coraggiosa rispondea :
“ A Firenze andatelo a cercare.”
La perquisizione niente avea fruttato
una piccola rivoltella avean trovato.
Se la presero come trofeo raro.
Prima di partir messaggio arcano
lasciò l’interprete in sua mano.
Tolser le minacciose sentinelle
e fiato riprese tanta gente.
Egli in Città ordini avea preso,
di piccola cena tenea il peso.
La gentil Ottavina, bella bionda,
cridolle : “ De’ tedeschi a casa
c’è la ronda.”
Di Durando in cantina si rifugiò
e la Vera a viaggiare cominciò !
Facea spoletta in su e giù,
finchè nemico non ci fu più.
Per ferite, convalescente si trovava
alcun cosa in casa lasciava,
ma per famiglia trepidava.
Gl’inquilini a loro vederlo
la Croce, lesti si faceano,
i famigliari intrepidi l’attendevano.
Il messaggio d’interprete italiano,
per evitar a i famigliar danno
consigliava che si fosse presentato.
Da moglie e figli stretti d’ogni lato
insonne notte gli fu dato.
Per la famiglia, evitar deportazione,
sicuro, franco, d’ogni sua azione,
al nemic andò senza esitazione.
Dall’alto i figli lo chiamavano,
il ritorno, la moglie e parenti invocavano,
gli amici ormai vedealo lontano.
Al teutonico Comando si presentò
e al gendarme si consegnò.
In sala a tavoli assisi
c’eran de ceffi tristi !
in bella compagnia
c’era un Colonnello italiano
che tanto facea il gradasso.
Egli s’appellava
. .
Egli per primo cominciò a parlare;
minacciommi di lingua tagliare !
“ Sei indegno dell’Italica divisa.”
Dissemi con tono arrogante.
Ma io risposigli con ira :
“ Fra noi due parleremo
a guerra finita.”
Il Maggiore tedesco maneggiava
il mio scacciacani ;
“ Queste son armi, in sue mani .”
con gli occhi mi mangiava
per la sconfitta riportata,
ma di fucilazione minacciava.
Egli s’incrudeliva per il mio tono duro
e in una stanza mi posero al sicuro.
Passaron ore : nelle spire del fumo
mi vedea già posto al muro.
Mi sentio Germania deportato,
sentio de’ famigliari, amaro pianto.
Ore lunghe e tristi
finchè la porta venne ad aprirsi.
Col traditor Maggior Maggini
altri feroci aguzzini.
D’Adami Rossi compagni fidi,
si presentaron con arroganza,
credendo incuermi titubanza.
“ Tu sei quel tale,
che i tedeschi vorresti virare !”
Disse con tono beffardo.
“ Se fossi lor ti farei fucilare,
ma con tu testa balsana
c’è poco da fare.”
Lo guardai stupito e attonito
con sguardo interrogativo
e : “ Dimmi qual’è il motivo
contro di me di questo attrito ?”
“ Non parlare se tua posizione
non vuoi ancor peggiore,
tutto di te, legato è al dito,
cerca ora di camminar diritto.”
“ Tua condanna è pronunziata,
torna a casa e non in piazza
se vuoi che tua testa pazza
sia di un sol colpo troncata.”
“ Agli arresti sei a domicilio
Con alcun non far concilio.”
Uscito da quelle grinfie
a casa mi recai felice.
Ciò che in famiglia accadde
lo lascio a tutti immaginare
per chi ha uman sangue.
Tutti di vedermi eran contenti
ma non sapean ch’ero tornato
con acuti e ribaldi ferri.
Ringrazio Viola, Colonnello,
che nemic ingannò bel bello.
Per ferite alla testa ero in cura
e non potean darmi prigion dura,
la sorveglianza era via sicura.
Di giorno e di buia notte
venian a picchia forte,
la casa volean rovistare
ma senza niente trovare.
Le mie squadre Partigiane
tornai a rannodare
libertà era nostro pane
pericolo non doveasi guardare.
Monaci, Grande Mutilato
mi fu d’aiuto al mio lato.
Del Comitato Militare,Lari
e Montaina erano i fari.
Con questi dividemmo la zona dura
e all’opra ci mettemmo senza paura.
Piero Gabellini armi nascondeva
fra sacchi di grano ed avena
ed altra roba che in forno vendeva.
Montaina, da lui, e al Mulino Biondi
avea capisaldi sicuri e fondi.
San Gervasio, zona a me assegnata,
in ogni casa e Via c’era la guardia.
Le armi, del gran nascodea catasta,
in attesa di azion più vasta.
Le squadre s’eran formate,
da me, Cardone e Bianchi comandate
per tutti gli eventi pronte e armate.
La squadra Martelli di Maiano
dov’è passare ad altra mano,
di Ponte a Mensola ricoprì il vano.
Del Chiaro Giuseppe, Tenente,
al local Distretto impiegato
con altro collega affiliato
con licenze salvaron tanta gente.
Sergio Chiarantini della Galileo
indomito sfidò i nazifascisti
ed altri operai ben tristi
proibì delle macchine il preleo.
Sfidando responsabità immense
in sua dimora armi avea messe.
Partigiano Nello Bigini
per astuzia e coraggio fini
dal Giovi e Pratomagno spoletta faceva
per portar ordini a chi non aveva.
A invaso Settignan paese
recossi con compagni al lato,
per batteria far cessare il boato
e material nemico fe’ le spese.
Sulla Futa macchine nemiche
ribaltava in aspri burroni
Preparaa terreni fidi e buoni
per transitar truppe amiche.
A Villa Ojetti a nemica pattuglia
il 22 Agosto da quel di Maiano,
riscendea con armi in mano
gli fu data subito battaglia
ed eroicamente sbaragliata.
Da piombo nemico Giugni Bruno
da eroe cadde con arma in pugno.
Feriti furon Gallini, Fusi e Gherardi
e tutti lottaron da Partigiani baldi.
Per coprir ritirata 17-18 Agosto
cannon nemico colpì ogni posto.
Nell’infuriar della battaglia,
dal Pino, S. Gervasio, Campo. di Marte
fu tremendo grandinar di mitraglia
morti e feriti eran d’ogni parte
Partigiani e civili si daan da fare
più gente dal macello riparare.
Horloc al Pino eroicamente cadde
col sorriso di veder le nemiche spalle.
Sangue ovunque v’era
apportator di novelle era.
Villa Ada, Ospedale improvvisato
da molti feriti era invaso.
L’intrepido Dott. Taddei Osvaldo
del rione, Medico ben amato
porgea cure per ogni lato
in ogni dove di bontà araldo.
Villa Ada d’esplosion sobbalzava
il Professore Franceschi titubava
e l’opera uman non prestava.
Un vecchio d’intervento necessitava.
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