Archivio Vittorio Mascherini
una vita attraverso due guerre mondiali e la resistenza
DIARIO DEL FURIERE FRANCESCO ORLANDI
Maggio 1917
La mattina del 1° Maggio incominciai ad impartire istruzioni di pratica agli 11 alunni improvvisati che, in maggioranza, dimostrarono di apprendere facilmente. Alla sera furono prese le necessarie disposizioni per l’uscita del primo Plotone d’attacco avente il compito di oltrepassare i nostri reticolati, aprirsi un varco tagliando quello nemico e fare un’irruzione nella loro trincea, allo scopo di ritornare con prigionieri e bottino. Per meglio disporre alla rischiosa e faticosa impresa fu mandato al Plotone un dono : tre bottiglie di grappa. L’Aiutante di battaglia Riganelli, indisposto da qualche giorno, quella sera si sentì meglio e si offerse di prendere parte in quella azione, come in tutte le precedenti. Il nostro Tenente Colonnello raccomandò la massima prudenza, facendo notare di cercare di fare il massimo senza però troppo azzardare per evitare vittime, se possibile. Verso le ore 23 un attacco al Doyle, provocò l’intervento della nostra artiglieria che seguitò a battere meno delle sere precedenti. A mezzanotte il Tenente Colonnello, l’Aiutante e i ciclisti, si portarono in linea per assistere da vicino alla imminente azione offensiva degli Arditi e vederne i preparativi e lo sfilamento dei 26 uomini comandati dall’Aspirante Cortesi e dall’Aiutante di Battaglione Riganelli, che formarono tre gruppi : il primo di protezione alle spalle in caso di aggiramento da parte del nemico, il secondo per il taglio dei reticolati, ed il terzo per l’irruzione nella linea nemica. Dopo l’una del 2 Maggio salì pure al Comando di Battaglione, il Colonnello Guerra con l’Aiutante in 1a , Capitano Bonabello che riposarono per circa mezz’ora nella nuova baracca, dopo avermi salutato affabilmente. Dopo si recarono alla vecchia baracca per assistere, al telefono, all’azione ardita. Attesa la calata della luna dietro le alte vette, si svolse la prima partenza dell’azione. Oltrepassati i nostri reticolati il secondo gruppo stava attivamente tagliando il reticolato nemico e già vi aveva aperto un largo varco, quando il nemico vigile e accorto, iniziò un lancio di bombe che prese in pieno il gruppo anzidetto, rendendo all’istante irremissibilmente perduto l’Aiutante di Battaglia Riganelli, mio intimissimo amico ed il soldato Contrastini Domenico, che io avevo ben apprezzato alla 1a Compagnia, notando l’amor fraterno che nutriva verso il fratello minore addossandosi le fatiche di servizio, volendolo risparmiare per la molta figliolanza che aveva ; ma il destino si mostrò crudele. A tali perdite, il Cortesi salvatosi miracolosamente, sebbene avesse avuto i due morti, uno a destra e uno a sinistra accanto a lui e ferito leggermente, diede ordine di lenta ritirata che avvenne senza ulteriori perdite. La 1a Compagnia di rincalzo, fu ben tenuta in linea mediante l’incoraggiamento assiduo del Tenente Mascherini e del Sergente Petrilli. Dopo poco furono recuperati i morti, prima che facesse giorno, e medicati i feriti che in maggioranza non erano gravi. I due cadaveri furono puliti e fotografati da un amico del Riganelli, Capitano del Genio. Indi furono trasportati al Cimitero di Kamno. Le fotografie non riuscirono e quindi non potemmo avere le sembianze degli estinti, ultimo ricordo dei due valorosi. Dal Cappellano militare venne eseguita una funzione religiosa in loro suffragio. Negli ordini del giorno, circolari di sottosettore, Brigata e Divisione furono encomiati gli Arditi e le loro vittime, le quali ultime furono anche nei verbali, proposti per una meritata ricompensa del sacrificio fatto alla Patria, delle loro giovani vite.
Il 3 Maggio fu notato nella strada di San Lucia e Tolmino, movimento di camions con trasporto di truppe e materiale.
Il 4 fu invece osservato il ritorno di truppe a piedi in piccoli drappelli ; certamente si trattava di cambio nelle trincee nemiche.
Il 5 feci rapporto per una proposta a Riganelli per medaglia d’argento e encomio solenne agli altri. Nel pomeriggio, verso il basso, si iniziò un tambureggiamento d’artiglieria che si prolungò fino all’alba.
La sera del 6 Maggio alle ore 23 potei notare scosse che sembravano di terremoto sussultorio, notate anche dagli altri che si trovavano a conversare nelle baracche del Comando.
Il 7 verso mezzogiorno si presentò alle nostre linee un Ufficiale Austriaco, perché avendo avuto un diverbio con l’Aiutante di campo ed una bastonata, questi gli aveva dato una prima revolverata facendolo cadere a terra, e una seconda freddandolo. Indi presa la direzione verso il settore “C” del Vodil, si presentò alle nostre linee per sfuggire alla pena che indubbiamente gli sarebbe stata inflitta dall’autorità militare Austriaca. Dalla trincea fu portato al Comando di Compagnia indi a quello di Battaglione ed infine a quello di Reggimento, dove si intrattenne a parlare col mio Tenente Colonnello là a colazione, di quello che succedeva nelle linee e nel paese nemico. Narrò, fra l’altro, che un Kilogrammo di pollo, pochi giorni prima l’aveva dovuto pagare 37 Corone, pari a 35 Lire Italiane ! Disse che le nostre artiglierie, in certi passaggi, avevano messo fuori combattimento fino a 1200 uomini. Confermò che poche sere prima avevano avuto il cambio e che allora ci trovavamo di fronte ad Ungheresi. Era questi un bell’uomo, abbastanza giovane, con abiti nuovi ed eleganti e parlava correttamente l’italiano. Disse che i soldati attendevano rassegnati la pace, che ai nostri bombardamenti loro avevano gallerie lunghe kilometri per ripararvisi, che si impartivano ordini per attacchi di sorpresa all’alba, perché in quell’ora, si diceva, i soldati Italiani erano presi dal sonno ! Quella sera alle ore 21,30 avemmo un attacco nemico con lancio di bombe e tiro di mitragliatrici, che ebbe poca durata per l’immediato intervento della nostra artiglieria. Un grosso proiettile di obice nemico passò poco sopra la nostra baracca, ma andò a colpire nel sottostante vallone.
Nella notte del 8 Maggio un Comandante di Compagnia nemica si presentò, con dei soldati, alle nostre linee nella posizione “C”. Si dichiararono stanchi della guerra e per di più Italiani, essendo chi di Spalato e chi di Fiume. Narrarono che a loro veniva fornita solo polenta e che per digerirla occorreva che si battessero i pugni nello stomaco. Asserirono che altri avrebbero dovuto seguirli, ma erano rimasti indietro, certamente per le scariche di fucileria iniziate dalle Compagnie di fianco, che si erano accorte del trapasso alla nostra linea di quella prima squadra. Asserirono, anche, che l’Ufficiale presentatosi due giorni prima era solo un graduato e che non era per nulla vera la storia dell’uccisione dell’Aiutante di campo nemico !
Il 9 Maggio ricevetti una lunga lettera fattami pervenire dall’amico Cesari che mi avvertiva che da tre giorni alle ore 18, era passato effettivo al Comando della 46a Divisione a Smast presso il Commissariato reparto legna, carbone, carbonai, boscaioli, stufe e generi affini. Ne ebbi moltissimo piacere, perché Volarie, ove risiedeva quasi permanentemente con l’11a Compagnia, 155° Reggimento Fanteria, era divenuta poco ospitale per il troppo spesso bersaglio scomodo dell’artiglieria nemica. Fu chiamato ad occupare tale posto per una eccelsa raccomandazione del Generale Dalloglio, bolognese. Mi pregava di andarlo a trovare quando sarei andato a San Lorenzo a riposo e mi incaricava di salutargli il Merzli ed il Vodil, brutte conoscenze !
Il 10 Maggio seppi che l’amico Giulio Spisni era all’ospedale da campo 060, ferito ad una mano, mentre il furbo Berti all’ospedale Primidì, aveva avuto 2 mesi di convalescenza.
La sera dell’11 feci, alla presenza del Tenente Colonnello, un esperimento di segnalazioni con lanterne colorate ed i miei allievi dimostrarono di essere bene istruiti ! In quella giornata si notò un andirivieni di veicoli nemici e alla notte avvenne un fortissimo bombardamento un po’ distante dalla nostra destra.
La mattina del 12 il bombardamento era più intenso e anche le nostre batterie di Monte Cucco vi parteciparono con foga per tutta la giornata. Verso le ore 10 giunse al Battaglione un fonogramma a mano, che avvertiva di tenere pronte le truppe in linea per respingere qualsiasi attacco del nemico, perché in quel giorno la 19a Divisione avrebbe iniziato una grande azione offensiva. Verso mezzogiorno si poté ben determinare il punto in cui l’azione si svolgeva e, là in fondo sul costone alla nostra destra, si vedevano gli immensi picei di fumo prodotti dallo scoppio delle granate che ivi giungevano ininterrottamente. Il fumo veniva spesso rischiarato da grosse vampate e lo spettacolo poteva benissimo paragonarsi a certi quadri raffiguranti alcune battaglie dell’Indipendenza Italiana. Ma, come sempre, sfortunati nelle nostre azioni: una pioggia torrenziale cadde insistentemente per tutto il pomeriggio. Il bombardamento però non desistette e per tutta la notte il continuo rombo dei cannoni italiani si fece sentire fra quelle alte cime montuose.
Il 13 Maggio aeroplani nemici esplorarono ripetutamente le zone battute dall’artiglieria il giorno innanzi ed il bombardamento venne spostato tanto da renderlo quasi invisibile dal punto in cui mi trovavo. Verso le ore 8 venne l’ordine del cambio che fu però evaso solo verso le ore 16 per tema di un contrordine. Nell’ordine del giorno 13 vi era lo stralcio di una circolare del Comando Supremo che richiedeva militari automobilisti con i seguenti requisiti :
1° Essere soldato o caporale.
2° Avere ottima condotta.
3° Essere automobilisti da 12 mesi.
4° Non essere stati allontanati da servizi automobilistici per incapacità . cattiva condotta.
5° Patente civile di data anteriore al 1° Novembre 1916.
Avendo tutti i requisiti richiesti, avvertii l’Aiutante Maggiore in 2a che desideravo, io pure, di inoltrare domanda. Egli mi sconsigliò; ma dietro mia insistenza s’assunse l’incarico di parlarne a mensa anche al Tenente Colonnello, il quale si dispiacque della mia determinazione, ma sentito che il movente principale era il bisogno di guadagnare maggiormente per il mantenimento della mia famiglia, disse che avrebbe dato ben volentieri corso alla mia domanda. Verso la ore 18 ebbi l’ordine di avviarmi a San Lorenzo, ma incontratomi coi portatori del rancio, sostai per mangiare ed assistetti ad un accanito duello d’artiglieria di una nostra piccola cannoniera contro quelle nemiche che sempre la sfioravano senza mai prenderla in pieno e ferire i suoi serventi. Mi rimisi in cammino e dopo un’ora di accelerata discesa giunsi a Volarie. Alla Fureria della 1a trovai il Sergente Vagnozzi in conciliabolo con altro Sergente del Comando di Reggimento. Dopo che questi se ne fu partito, mi ricevette gentilmente, offrendomi un amaro, e colla promessa di ritrovarci a San Lorenzo. Lungo il cammino mi accompagnai coi portaferiti Baga e Gambarini. Al cimitero di Kamno ci fermammo per cercare la tomba del povero Riganelli, ma non essendovi alcun segno fra i sepolti di recente, ci fu impossibile rintracciarla. Anche in questo trasferimento l’acqua non mancò di cadere a catinelle ! Era ormai notte, quando giunsi a San Lorenzo, trovai i miei amici dello Stato Maggiore del 3° Battaglione in preparazione di partenza per il cambio. Durante la notte scrissi molta corrispondenza e preparai la domanda per il trasferimento negli automobilisti, dormicchiando di tanto in tanto.
All’alba del 14 Maggio quasi tutto il Battaglione era giunto a San Lorenzo, superando felicemente la faticosa marcia. La prima visita che ebbi in ufficio fu quella del Tenente Mascherini, che prima di andare a riposare, voleva accertarsi che io avessi accettato la carica di Furiere della 1a Compagnia essendo stato, nella sera precedente, destinato alla Brigata il mio buon Sergente Maggiore Vagnozzi. Ringraziandolo, rifiutai per vari motivi e soprattutto perché stavo avanzando domanda per essere trasferito negli automobilisti e gliela mostrai. Non l’avessi mai fatto ! Mi portò via la licenza e i documenti, dicendo che assolutamente dovevo accettare l’incarico di fiducia che mi proponeva, anche perché mi credeva adattissimo a tale posto, assicurandomi che mi sarebbe stato riconoscente. Io allora misi in campo la questione economica, e cioè che andando negli automobilisti non avrei avute tante responsabilità per maneggio di denaro, ed avrei guadagnato una lira al giorno di più. Egli mi rispose che anche a questo non dovevo preoccuparmi, avendo già predisposto che entro un mese sarei stato nominato Sergente, percependo così Lire 3,88: somma ben maggiore di quella che avrei percepito negli automobilisti, e non avrei avute tante storie. Che anzi aveva parlato nella notte al Tenente Colonnello a mio riguardo e che non aveva incontrato nessuna difficoltà qualora avessi accettato. Non per questo insistetti meno nel rifiuto e se ne andò con la mia domanda in tasca. Più tardi vidi arrivare il Sergente Maggiore Vagnozzi, e anch’egli a ripetere e insistere su quanto mi aveva detto il Tenente Mascherini. Dopo molto discutere si andò a finire in camera del Tenente, dove io potei recuperare la mia domanda, subito strappatami di mano dal Vagnozzi. Approssimandosi l’ora della firma dei documenti mi premeva di riavere la mia domanda e raggiunsi lo scopo pregando loro di farmi assicurare quanto promettevano per la nomina a Sergente, mentre io avrei dato corso alla mia domanda, lasciando al destino il da farsi. Appianai così la questione ed inviai coi documenti da firmare anche la mia richiesta di trasferimento. Ma quella mattina non fu firmata e pensai che il Tenente Colonnello avesse voluto parlarmi al riguardo. Poco dopo venne l’ordine che il Battaglione si doveva portare nella seguente serata alle trincee di 2a linea, nei pressi di Scelisce, e potete facilmente immaginare con quale poco entusiasmo venne accolta questa notizia essendo ancora tutti sfiniti dalla marcia notturna e vedere così svanito l’occorrente e desiderato riposo dopo 20 giorni di prima linea. Nel pomeriggio andai alla 1a Compagnia, dove Vagnozzi stava facendo la cinquina ai militari che sapevano già della proposta a Furiere, e molti si complimentarono. Ad un ciclista, che si recava a Smast , consegnai un biglietto da consegnare all’amico Cesari per avvertirlo che mi trovavo a San Lorenzo. Ritornato in ufficio ebbi il piacere di vedere partire per il Comando di Reggimento la mia domanda di trasferimento negli automobilisti con la seguente nota aggiunta dal Tenente Colonnello
“ Tenuto conto degli ottimi precedenti di servizio e condotta, esprimo parere favorevole. F. to Ferrari.” Poco più tardi, ebbi la gradita visita dell’amico Cesari e potei a lungo conversare dei miei progetti, della mia domanda, delle nostre famiglie e della sua nuova carica e ci lasciammo quando già cominciava a venire buio, con promessa di rivederci appena sarei tornato a San Lorenzo. Poi cominciarono a sfilare le prime compagnie verso Scelisce. Io chiesi di rimanere fino alla mattina essendo buio pesto, ma l’Aiutante Maggiore mi ordinò di recarmi nella notte stessa, essendo necessario che io vegliassi in ufficio dovendo gli altri dormire. Mi fu dato per guida il soldato Gaudioso Vincenzo, portaordini, siciliano un po’ scemo, che fu l’anima della mia disperazione volendomi fare passare per dei sentieri fra boschi pieni di ostacoli, anziché prendere la comoda mulattiera e discreti viottoli. Per fortuna che una granata ci scoppiò a pochi passi. Era una sera che battevano maledettamente. Si decise, allora, di seguire il mio consiglio, cioè di tenersi nella comoda mulattiera che passava al disopra del Cimitero di Kamno, evitando di transitare per la strada maestra ed il paese. Lungo il cammino incontrammo graziose coppie di cani guidati da militari che, con una piccola carretta, portavano fino ad un quintale di alimenti, munizioni e materiale in prima linea. Questi cani non uscivano che di notte per fare questo utilissimo sevizio. Nel Trentino, l’anno prima durante l’invasione, furono impiegati anche per il servizio postale, dando ottimi risultati. La mia guida non sapeva il posto dove doveva condurmi, per fortuna che trovai il Tenente De Conti con la 2a Compagnia, che fino allora, aveva vagato inutilmente e che, finalmente, aveva raggiunto quel luogo presso all’accantonamento per indicazioni avute poco prima. Trovai i baracchini del Comando di Battaglione e seppi che, salvo qualche sbandamento all’arrivo delle granate nemiche, tutti erano giunti a destinazione senza perdite. Nella notte il nemico tentò due attacchi, ed uno all’alba, cui dovette intervenire la nostra artiglieria con efficacissimo bombardamento. Facendo morti e feriti nel campo nemico.
Verso le ore 9 del 15 Maggio, l’artiglieria lanciò anche qualche granata nei nostri baraccamenti facendo un morto e quattro feriti nel battaglione di marcia del 155°. Altro morto si ebbe pure in paese per granata nemica. Nel pomeriggio del 15 Maggio, si ebbe la notizia ufficiale che le nostre truppe avevano occupato il Monte Santo, Cucco di Piave e Canale, posizioni importantissime che liberavano Gorizia dal dominio dell’artiglieria nemica. Ma purtroppo, tali posizioni non poterono essere tenute, perché da Santa Maria, San Gabriele e dintorni l’artiglieria nemica batteva terribilmente quei luoghi conquistati, e senza il possesso anche di queste, troppe sarebbero state le nostre perdite e ben più difficile il rifornimento.
Il 16 il nemico non mancò di buttare su Kamno parecchi proiettili e si ebbero tre morti e feriti ; fra i decessi anche un Capitano. Alla sera, vi fu una bevuta al Comando di Battaglione fra 4 ciclisti e 2 artiglieri compaesani, si bevvero 42 Lire di vino ! In quel giorno ci facemmo cucinare il nostro rancio con un po’ di burro e conserva, anziché col consueto condimento, ma gli Arditi reclamarono ed il Colonnello diede ordine esplicito che non si facessero ranci speciali, non volendo disuguaglianze di vitto tra i suoi dipendenti: ognuno era però, padrone di rinunciare alla sua razione e di acquistare alla cantina quello che più gradiva. Quindi, mentre con pochi soldi si avrebbe potuto avere un rancio discreto, per invidia di pochi bisognava privarsene e mangiare come al solito.
Il 17 Maggio, di buon mattino, il Tenente Mascherini venne ad avvisarmi che era già d’accordo col Tenente Colonnello che io sarei passato in giornata Furiere della 1a Compagnia. Poco dopo, il Tenente Colonnello diede ordine all’Aiutante Maggiore di comunicarmelo per prendere disposizioni al riguardo. Questi, un po’ seccato per la mia partenza, non mancò tuttavia di palesarmi che nonostante egli avesse desiderato che io fossi restato alle sue dipendenze ed avesse anche cercato di evitare questo distacco aveva avuto ordine dal suo Superiore che io dovessi passare Furiere alla 1a Compagnia del 155° e che nel pomeriggio me ne andassi pure, non mancando però, di ponderare bene l’onerosa carica che andavo a coprire. Verso le ore 11 salutai tutti i miei amici dello Stato Maggiore e mi diressi verso la tettoia della mensa per accomiatarmi dai miei Superiori, ma essendo essi ancora seduti a mensa, dovetti attendere un’ora. Dopo di che passando di là l’Aiutante Maggiore, lo salutai ringraziandolo di quello che aveva fatto per l’addietro per me, usando cure e riguardi speciali, benché ultimamente, sapendo del mio prossimo trasferimento si fosse un po’ raffreddato ! Indi mi recai alla tettoia dove tutti gli Ufficiali stavano ancora seduti. Dopo un rigido saluto militare mi appressai al Tenente Colonnello Ferrari e lo ringraziai. Egli sorridente, mi strinse fortemente la mano, mi elogiò davanti agli Ufficiali e mi disse di come avevo saputo disimpegnare tutte le mansioni affidatemi al Comando di Battaglione con speciale diligenza ed inappuntabilità, sperava che avrei saputo anche assolvere il compito che mi veniva assegnato, che però, non era scevro di maggiori oneri. Lo ringraziai, promettendo che avrei messo il mio modesto sapere e tutta la mia attività per la carica affidatemi e strinsi nuovamente la mano al Tenente Colonnello Ferrari che sorridente me la porgeva di nuovamente. Gli Ufficiali tutti mi salutarono affettuosamente e qualcuno, mentre già me ne andavo, vociava forte dicendo : Prontooo ! Prontooo !
E qui per curiosità dovrò accennare che questo era, si può dire, il mio soprannome usato da alcuni Ufficiali allegri. Proveniva dal fatto che, avendo questi, spesso bisogno di parlare meno in linea, per ragioni di servizio, io abitualmente prolungavo il “pronto” consuetudinario che si usa prima d’incominciare la comunicazione e loro, frettolosi di coricarsi, avendo essi pure vegliato tutta la notte, erano seccati dal mio “pronto” flemmatico e di qui la canzonatura ed il soprannome usato e bistrattato da gli Ufficiali al solo vedermi da lontano. Io poi, per posa, il “pronto” lo facevo sempre più lungo ed era divenuta una prerogativa del Battaglione. “ Prontoo !”
Mi recai a San Lorenzo dove trovai il Sergente Maggiore Vagnozzi, pronto per la consegna, ed al tavolo per ben 4 ore ci sfogammo sopra i libri, giornali, specchi, verbali ed altro. Egli, dopo, se ne andò a Volarie, mentre io rimasi un po’ impacciato, a dire il vero, per non essere troppo al corrente della contabilità militare. Mi valse molto l’efficace consiglio del compiacente Sergente Maggiore Bottoli della 2a Compagnia che non mancò di fornirmi consigli e chiarimenti nei primi giorni. In quella sera mi recai a Smast e passeggiando con l’amico Cesari, fummo costretti a cambiare itinerario perché l’artiglieria nemica picchiava sui Comandi di Battaglione e Divisione.
Il 18 Maggio i nostri da Scelisce furono inviati a Kamno per fare il bagno. Durante il cammino una granata nemica cadde proprio sullo stabile adibito al bagno, danneggiandolo, le truppe dovettero ritornare senza la desiderata pulizia !
Il 19, tutto fu però riparato ed i militari poterono rinfrescare e ripulire le loro membra ed alleggerirsi d’insetti molesti, quelli che almeno potevano avere la biancheria pulita, e per chi poteva averla, perché, purtroppo, anche questa non vi era per tutti, ma appena per la metà. In quella mattina, altra granata nemica fece due morti e feriti al nostro battaglione marciante ed alla sera dovettero, in maggior parte, rifugiarsi nelle gallerie per l’intenso bombardamento nemico nei pressi delle nostre baracche.
Il 20 Maggio, al mattino, mi recai a Scelisce per fare la cinquina e pagamento vaglia e con meraviglia di tutti, alle ore 9 ero già di ritorno con tutto fatto. Alla sera venne da me l’amico Vasconi, che si trattenne a cena e a dormire, ripartendo la mattina seguente.
Il 21 mattina approfittai di una bicicletta di un borghese per fare un piccolo giro, ma poco mancò che non andassi a rompermi la testa contro gli alberi. Aveva la ruota anteriore tanto lenta, che per lo sterzo di un sasso si voltò di fianco e mi fece fare un salto mortale contro gli alberi. Per fortuna che mi impolverai solamente e mi affrettai a riportare l’infido cavallo d’acciaio al suo padrone. Alla sera, i Sergenti della mia Compagnia, ritornarono da Caporetto e mi raccontarono di aver trovato una bella bolognese in una casa da thè, dove erano andati a divertirsi. Mi portarono anche l’acquisto che avevo pregato di farmi e cioè di un quadretto di cartone e celluloide per mettervi la fotografia di mia moglie e dei miei figli, per tenerla costantemente sul tavolo di lavoro ed averla così sott’occhio.
La sera del 22 Maggio dopo l’Ave Maria mi recai al Commissariato di Smast dove rimasi oltre un’ora a conversare con colleghi dell’amico Cesari.
La mattina del 23 mi recai a Scelisce per il pagamento vaglia ai militari prima che partissero ed i miei vecchi amici, rientrati dai posti isolati, mi complimentarono e pregarono di rammentarmi di loro per qualche eventuale posticino. Attesi che il Tenente si alzasse per prendere accordi sul servizio dalla trincea alla Fureria e relativamente agli operai che stavano lavorando sotto la mia responsabilità. Feci colazione e me ne ritornai a San Lorenzo passando dal magazzino di Kamno dove il sarto Muratori mi volle cucire sulla giacca, il nastrino delle fatiche di guerra che mi era stato recapitato dal Comando di Reggimento, senza che io ne avessi fatto alcuna richiesta! Alla sera mi recai a Smast a conversare con Cesari.
Il 24 Maggio, grande movimento di aeroplani oltre Tolmino, dove le artiglierie antiaeree nemiche spararono oltre 1500 colpi. Recatomi quella sera a Smast per il ritiro di denaro spicciolo, appresi da Cesari la notizia che sul Carso e precisamente dove eravamo stati noi e fino verso il mare, i nostri avevano fatto uno sbalzo di oltre 500 metri catturando 9000 nemici, 375 Ufficiali, mitragliatrici ecc. Durante l’azione, ben 125 nostri aeroplani avevano ripetutamente lanciato tonnellate di esplosivo sul campo nemico.
La mattina del 25 mi recai col Piantone Viola a Scelisce per il pagamento della cinquina e vaglia; per i secondi potei versare, ma per la prima il Tenente non volle perché l’ultima volta, risalendo in trincea, vi fu qualcuno un po’ brillo che non si era comportato quieto come era necessario! Pagai la cinquina ai soli Sottufficiali che mi inondarono di grappini presso un artigliere che, in una baracca presso l’Isonzo, commerciava con buon guadagno. Rimasi al rancio, passai dall’alloggio del Tenente Colonnello ( un sotterraneo paragonabile ad una cripta ) con un gran letto matrimoniale al posto dell’altare, ma non trovai nessuno, poi al Comando di Battaglione e ripassando in Compagnia, salutai tutti facendo auguri e con un caldo soffocante me ne tornai a San Lorenzo. Trovai un pacco di mia moglie inviato a mezzo posta, con caramelle, mandorle alla cioccolata ed un pennello per la barba, che si era dimenticata di accluderlo nel pacco, inviatomi precedentemente. Verso sera ebbi notizia dal Sergente Maggiore Bottali, di tenere pronto per le ore 22 tutto il materiale da trasportare a Volarie, perché a quell’ora sarebbero venuti con i muli a caricare la roba della Fureria. Si seppe che la sezione mitragliatrici, di cui si era dato il cambio la notte avanti, erano stati tutti pugnalati dagli Austriaci che avevano anche asportato le armi e ciò per imprudenza dei nostri, che stanchi della faticosa marcia, e bisognosi di sonno, si erano pacificamente dati in braccio a Morfeo, dormendo saporosamente. Immaginatevi, quindi, quanto fosse il nostro dispiacere. Per l’ultima sera mi recai a Smast, con il sarto Muratori,a far visita a Cesari e ci lasciammo coi migliori auguri. Poi, tornati a San Lorenzo, trovammo già i nuovi arrivati, ma con una novità e cioè un solo mulo per Compagnia, mentre noi avevamo materiale per due. Ne caricammo di più di quello che abitualmente porta un mulo, ma ne rimase parecchio, ed io fui incaricato di rimanere a custodirlo, fino alla mattina seguente.
Il 26 Maggio, alle ore 4,30 partii da solo e con un buon passo mi diressi a Volarie. A Scelisce passammo davanti alla casa dove avevo avuto la Fureria e la vidi sfondata! Mi informai da quanto tempo era successo quel brutto scherzo e mi dissero che era da due giorni. Difatti, sulla strada mulattiera, vi erano ancora i macigni dei muri esterni crollati ed i rottami delle tegole! Per fortuna che era giudicato un luogo sicuro ! Poco più di un’ora impiegai da San Lorenzo a Volarie e con mia meraviglia, trovai la mia vecchia Fureria dimezzata, perché il Sergente Maggiore Vagnozzi, con divisorie in legno e cartone si era fatto fare una bella cameretta. Scudai il rimanente della Fureria, feci tappare i buchi, imbiancai di calce le pareti e mi accomodai discretamente in un angolo in fondo alla camera col tavolo da scrittoio e la branda per dormire. Il Sergente Maggiore dovette alzarsi tre ore prima causa la mia pulizia straordinaria e ridendo se ne lagnò ripetutamente! Alle ore 10,30 mi recai all’ufficio postale del Reggimento per il ritiro della corrispondenza della mia Compagnia e fatta la situazione la inviai a mezzo del Piantone, in trincea. Alle ore 11, mi recai a far visita al Cappellano che mi trattenne per oltre un’ora, in affabilissima conversazione. Verso le ore 15 fui chiamato all’ufficio censura e pregato dal Cappellano di coadiuvarlo ad esperire quella delicata mansione e, saputo che tale lavoro l’avevo eseguito anche alla 16a Sussistenza a Pieris si dispensò dal darmi istruzioni. Anche nei giorni seguenti disimpegnai tale carica. Si ebbe anche un suicida, un Sergente del 156°. Il 26 Maggio, con pezzi di tavola e coperta, feci un’altra cameretta per me, ove posi la mia branda ed il ripostiglio, lasciando un lungo corridoio d’ingresso, in fondo al quale, avevo collocato il tavolo ed una cassetta per sedervi gli estranei, oltre una panchetta per me. Alla notte, il Piantone apriva la sua branda nascosta e così ognuno era in libertà e rendendo ben disposto esteticamente l’ufficio Fureria della 1a Compagnia del 155° Fanteria.
Il 27 pregai il Sergente Maggiore Vagnozzi di voler fare una revisione sul giornale sulle variazioni da me eseguite e ben volentieri si prestò anche nei giorni seguenti per tutte le delucidazioni occorrenti per la chiusura mensile del giornale. Nel pomeriggio il Sergente Maggiore Bottali bagnò i galloni all’ufficio Comandi di Stato Maggiore e bevetti anch’io del bianco e dolce moscato offertomi gentilmente. In quel giorno avemmo due morti per pallottole di fucile nemico. La mattina seguente altri 5 morti del 156°, mentre si ritiravano verso le ore 7 da un posto avanzato, ma inseguiti da una mitragliatrice pistola portata a spalla, non riuscirono a scansarsi dall’atto fulmineo. Quella mattina ebbi ad assistere alla Messa che il Cappellano diceva all’Ufficio Informazioni Notizie verso le ore 9, fatta eccezione dei giorni festivi e di bel tempo, dovendo in quei giorni recarsi al campo per il Battaglione a riposo. Si accertò, in quel giorno, che gli Austriaci non erano riusciti a portare molto lontana la mitragliatrice, o meglio il pezzo superiore ( arma ) tanto che, con accorgimento nella notte si poté recuperare; il treppiede purtroppo fu introvabile. Nella medesima notte fu fatto il colpo inverso per il ritiro di vedette all’alba e, mentre il nemico faceva la solita manovra, i nostri lo aggirarono facendo un prigioniero e altri morti. Vi fu anche un attacco alla posizione “A” occupata dalla 1a Compagnia, ma fu nettamente respinto senza perdite.
La mattina del 29 Maggio fu veduto un Tenente mitragliere discendere dalla trincea con pioggia dirotta, mentre l’attendente lo copriva con un mastodontico ombrellone verde contadinesco! L’Ufficiale era Leggeri, che andava in licenza nella sua Bologna e precisamente in Via Castiglione n° 47. Già i bolognesi si facevano distinguere ovunque per brio e originalità. Dove e come si era potuto procurare quell’ombrello in quel momento tanto utile? Enigma. Verso sera mi recai a fare visita agli eliografisti, all’entrata di Volarie, uno dei quali mi fece da guida accompagnandomi anche nella galleria semicircolare, lunghissima, con due uscite, costruita da poco dai nostri bravi zappatori. Poteva contenere tutti i militari che vi erano in Volarie, ed anche di più se vi fosse stata necessità di ricoverarsi. Fu di ritorno dalla licenza agricola il Caporale Boraccina e mi raccontò che mentre stava a Milano per dare gli esami da automobilista con altro suo commilitone dell’11a Compagnia, furono sorpresi dai carabinieri con la licenza da poco scaduta ed erano stati scortati da questi fino alla stazione di Udine, senza aver potuto ultimare il loro esami.
La mattina del 30 Maggio ebbe luogo una funzione religiosa oltre il ponte di Ladra per l’inaugurazione di una piccola cappella votiva ai caduti del 22° Gruppo artiglieri. Intervennero il Vescovo Castrenze con molti Cappellani militari, il Generale Comandante il Corpo d’Armata Cavaciocchi, il Generale della Divisione, Colonnelli ecc, nonché rappresentanze di tutte le truppe a riposo. Furono fatti diversi discorsi che accennavano alla Vittoria delle nostre armi e della pace non lontana che avrebbe portato a noi, tanti benefici. Alla sera, mandai a Cesari un berretto e dei sigari come desiderava e lui mi mandò una lettera con ringraziamenti e notizie di famiglia.
Il 31 Maggio tutti i Cappellani, oltre una quarantina, furono adunati dal Vescovo Castrenze a Caporetto per una funzione religiosa e per una adunanza circa le delicate e pietose mansioni di Cappellanie presso i diversi reparti, ed intensificare le preghiere per la pace. Fu preso un gruppo fotografico e fatta una modesta colazione a pagamento alla Casa del Soldato. Verso sera uscì un ordine del giorno, permanente, con l’aggregazione alla 1a Compagnia della 1a Sezione Bettica, quindi toccava a me l’amministrazione di questa nuova sezione. Difatti nei giorni seguenti vennero da me Sergenti e Caporali per opportune disposizioni in merito e per tutto quanto si riferiva alla nuova forza aggregata alla 1a Compagnia. Durante la notte si ebbe un attacco nemico sul ponte, tenuto dal 156°, con parecchi feriti e 5 morti. Negli scavi fatti da alcuni zappatori, venne alla luce un soldato rimasto seppellito da una valanga l’anno prima, appartenente al 68° ed il nostro Cappellano con grave rischio, perché tiravano maledettamente, la mattina seguente lo portò a miglior fortuna nel vicino cimitero di Kamno. In quella notte e nelle seguenti i nostri aeroplani bombardarono i paesi oltre Tolmino efficacemente, ed il nemico nelle giornate e nelle seguenti notti si sfogò nel gettare grossissime bombarde sulle nostre linee con effetti disastrosi come si vedrà in seguito.
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